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Il lato umano del customer care

Empatia : Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro.
(Enciclopedia Treccani)

 

Prima della pandemia da Covid 19 i clienti che usufruivano del servizio di assistenza telefonica erano molto distaccati e sbrigativi, era un rapporto “do ut des”: chiedi informazioni ti do informazioni, chiedi assistenza ti do assistenza. Adesso tutto è mutato.

Molte aziende si avvalgono dei più sofisticati strumenti di Intelligenza Artificiale per gestire il cliente. Tante volte da utente mi è capitato di dover fare delle segnalazioni o chiedere informazioni per essere poi subito dirottata ad un “mio” assistente virtuale. Senza nulla voler togliere all’innovazione digitale, cosa di cui ne apprezzo l’utilità quando strutturata bene, mi sono ritrovata a non aver risolto nulla o quasi, rimpiangendo di non poter parlare con un operatore.

Svolgendo il mio lavoro di assistenza clienti, quotidianamente mi imbatto nelle più disparate richieste: chi ha necessità di chiarimenti procedurali, chi semplici informazioni sull’uso dei servizi, etc. Ma una cosa che in quest’ultimo anno ho potuto notare è che tutti sono accomunati da un’unica esigenza, confrontarsi, parlare, cercare una sorta di calore umano in una quotidianità che sta modificando gli stili di vita e professionali di tutti noi.

Da buona empatica percepisco la sensazione di conforto che il mio interlocutore trasmette sentendomi disponibile e cordiale persino quando ciò che chiede può a lui risultare banale. Avverto come i suggerimenti che offro nel mio lavoro, il tono di voce rassicurante, caldo e paziente siano chiari e forti segnali di una interazione umana efficace: il problema che il cliente ha esposto è stato oggetto di massima attenzione da parte di una persona che ha tutte le intenzioni di risolverlo, che le parole buone e di comprensione da me date a seguito magari di una contestazione del cliente riguardo nuove prassi o disposizioni di legge a cui esso debba adeguarsi e sottostare.

Sono “carezze emotive” confortevoli e tranquillizzanti. Frasi come “Buongiorno, come posso aiutarla?” ad inizio di conversazione o “Stia tranquillo sono qui per aiutarla…!” sono poi percepite come in perfetta sintonia con le azioni messe in campo durante la conversazione per la risoluzione del problema.

Durante una selezione di nuovo personale per l’assistenza clienti occorre senza ombra di dubbio testare la capacità di ascolto del neo assunto e la sua empatia; per essere un buon assistente occorre essere un buon comunicatore, non si può assolutamente improvvisare come spesso accade. Occorre formazione seria per imparare le tecniche di comunicazione necessarie a gestire le obiezioni, i reclami, etc.

In una conversazione telefonica che purtroppo non si avvale dei segnali chiari e decodificati della comunicazione non verbale, filtrando tutte le espressioni facciali ed i segnali emotivi che il volto trasmette, la voce diventa l’unico strumento a disposizione per entrare in empatia con i nostri clienti e quindi ecco che il tono della voce, le parole utilizzate, il volume ed anche le pause diventano le uniche armi per vincere la battaglia della diffidenza iniziale.

Potremmo dire la stessa cosa per il mondo dell’assistenza fatta tramite e-mail o messaggistica, dove la comunicazione instaurata impedisce l’impiego anche della voce e quindi diventa fondamentale il corretto utilizzo dell’unico strumento che è la scrittura.

Fondamentale è utilizzare parole semplici, pochi tecnicismi o inglesismi e utilizzare sempre le basilari forme di saluto e commiato: il non vedere il cliente e/o non essere da lui visti non significa che non si debba adottare un tono cordiale e professionale per gestire la richiesta di assistenza.


Già ai tempi di Platone dal dialogo Cratilo ad Aristotele
si rifletteva sul linguaggio, e ancora oggi siamo consapevoli che comunicare è un vero esistenziale dell’uomo: l’uomo è relazione, è comunicare; egli non fa altro che limitarsi a scegliere “come” farlo, perché alla fine anche la scelta di non comunicare è sempre una forma di comunicazione.