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Scienze comportamentali, umanesimo ed empatia

Le neuroscienze sono innovazioni che aprono potenzialità incredibili e potentissime nell’analisi delle reazioni, delle preferenze, del gusto e anche nel prevedere le tendenze comportamentali e la predisposizione all’acquisto delle persone. Sono quindi incredibili alleati per il business, per il marketing, per studiare l’efficacia presente e futura di prodotti e servizi. Se però guardiamo solo questo lato – pur importantissimo – perdiamo forse qualcosa di veramente importante, perché non è solo attraverso la “misurazione” delle reazioni che si può comprendere meglio l’evoluzione umana e non è solo per “business” che questa conoscenza può avere un grande valore.

Per fortuna, il lato umanistico supera il potere delle macchine e delle tecnologie; per capire l’uomo bisogna entrare in connessione con la sua parte emozionale, serve sensibilità, quella capacità che trova risposta in una parola meravigliosa che è “empatia”.
Questa è la grande competizione, per esempio, tra big e small data: i primi sono fondamentali per poter avere una visione ampia, per non rischiare di perdere l’orientamento, per stabilire le macro tendenze; i secondi, invece, tengono conto dei singoli dettagli, delle sfumature, ci fanno capire che non tutto si può osservare dall’alto e a distanza, che non si può trasformare tutto in algoritmi, in dati, in intelligenza artificiale.
Ma allora, dove possiamo esplorare per aprire la nostra mente, per cercare nuove strade e nuove intuizioni? In che modo ci possiamo avvicinare alla mente umana, per capirla e prevederla, al di là degli strumenti tecnologici? Dobbiamo avvicinarci a quei campi in cui il lato emozionale è padrone assoluto: i sentimenti e, specialmente, l’arte. E’ affascinante a che livelli sia possibile comprendere il comportamento dell’essere umano osservando le sue reazioni di fronte alle opere artistiche, e ancor di più in un ambito meno compreso come l’arte astratta. E’ stato infatti dimostrato che la fruizione dell’arte astratta genera una reazione più emozionale rispetto a quella figurativa, considerando anche che le reazioni degli individui – di fronte alla medesima opera astratta – possono essere molto differenti, questo perché la riduzione della descrizione visiva ad elementi primari induce il cervello dell’osservatore ad usare delle elaborazioni di tipo associativo ed emozionale. Piet Mondrian, Willem de Kooning, Jackson Pollock, Mark Rothko e Morris Louis hanno basato la loro arte sul ridurre le immagini ad elementi essenziali quali forma, linea, colore, luce.
Per comprendere meglio questa affinità tra mondi apparentemente distanti come la scienza e l’arte, al fine di aumentarne ed ampliarne la conoscenza, è necessario individuare punti di contatto, un elemento comune che possa risultare un ponte e una connessione utile per entrambi gli estremi di questa visione.
Lo abbiamo trovato in un meraviglioso libro che ci ha accompagnato in questa ricerca, scritto da Eric Kandel, premio Nobel nel 2000 per la medicina, dal titolo “Arte e neuroscienze. Le due culture a confronto” (Raffaello Cortina, 2017) e che tratta proprio questo tema.
Il punto di connessione, secondo Kandel, è quello che viene definito riduzionismo metodologico, ovvero quell’approccio che dice che un sistema complesso non sia nient’altro che la somma delle sue parti, per cui si può dar ragione del sistema “riducendone” la considerazione a quella dei singoli costituenti ( http://www.disf.org/riduzionismo ). Il riduzionismo viene adottato sia dalle neuroscienze che dall’arte, e in particolare da quella astratta. Kandel spiega nel suo libro che questi due approcci si pongono le stesse domande e obiettivi sull’esistenza umana e si può notare che condividono anche le stesse metodologie.
Sempre nello stesso libro di Kandel (godibilissimo perché scorre con fluidità, senza disperdersi in elucubrazioni complesse, ma anzi donando leggerezza a tematiche che pur sono molto complesse e profonde), si segnala che anche Semir Zeki, un neurobiologo inglese che ha studiato in modo approfondito i comportamenti e le reazioni del cervello agli stimoli visivi, ha evidenziato chei pittori, spesso si sono “comportati” in modo simile ai neurologi. Zeki sostiene infatti che da sempre la gran parte dei pittori, prima degli studiosi, anche se senza una diretta consapevolezza scientifica, hanno analizzato e compreso la logica del come reagisce il cervello umano.
Quello che appare quindi importante è che la missione di chi oggi vuole sviluppare qualsiasi tipo di progetto che si basa su un livello più profondo della mente e del comportamento umano, deve per forza – e per fortuna – trovare punti che possano avvicinare e rafforzare tale comprensione; un percorso che inizia dal rapporto con gli esseri umani, i quali, grazie alla tecnologia, si evolvono sempre più rapidamente. Solo comprendendo come e cosa pensano gli esseri umani, quali sono le loro reali esigenze, aspettative e desideri, sarà possibile intuire quali sono i percorsi da seguire, e anche quelli da inventare, evolvendo prodotti e servizi già esistenti, oppure individuandone di nuovi. La ricerca e la comprensione deve essere fatta in tutte le sfere che dimostrano forte contenuto emozionale; abbiamo visto l’affinità con l’arte astratta, grazie al saggio di Eric Kandel, ma potremmo allargare la visione a tutta la sfera del piacere e dell’intrattenimento, alle altre forme d’arte e di comunicazione, ma anche osservando con occhio più approfondito i fenomeni che sono quotidianamente davanti ai nostri occhi, pensiamo all’uso sempre più intenso del raccontare e ascoltare “storie”, alla spasmodica esigenza di rimanere in contatto costante con le persone attraverso i canali dei social network, la continua e pressante sensazione di doversi mostrare perché senza una prova visiva del fatto che esistiamo ci sembra di non esserci (selfies). Una volta compreso che questa conoscenza profonda dell’essere umano deve essere legata ad un approccio fortemente empatico (come si diceva all’inizio), allora possono e devono subentrare la scienza e lo studio dei comportamenti dal punto di vista degli strumenti di analisi che possono tracciare, modulare, giustificare e misurare l’efficacia di tali intuizioni, trasformandole in business di successo.
Non ci può essere evoluzione, non ci può essere tecnologia e ancor meno innovazione, se non si parte dall’uomo, e dal desiderio di comprenderne la sua più profonda essenza.

 

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